sabato 5 settembre 2015

L'arte degli origami

"Tutti videro da lontano la fanciulla drago diventare un Buddha"
(Sutra del Loto)






Il termine Origami indica l’arte di piegare la carta per dare vita ad oggetti, animali, figure di fantasia, ecc... La parola deriva dal giapponese Oru (piegare) e da Kami(carta). La parola Kami, con un ideogramma diverso ma con la stessa pronuncia, vuol dire anche Spiriti, divinità: questa sovrapposizione di significato lega inscindibilmente l’arte degli origami con la spiritualità, con la ricerca del Divino e dona a questa tecnica una valenza sacrale. Alla base dei principi che regolano l'origami, infatti, vi sono i principi shintoisti del ciclo vitale e dell'accettazione della morte come parte di un tutto: la forma di carta, nella sua complessità e fragilità, è simbolo del tempio shintoista che viene ricostruito sempre uguale ogni vent'anni, e la sua bellezza non risiede nel foglio di carta ma in ciò che si crea.
Il procedimento degli origami consiste nell'effettuare un succedersi di pieghe diverse, partendo da un foglio a base quadrata, per creare figure diverse, da modelli semplici a modelli estremamente complicati. Numerose figure origami partono da una forma di base, una figura piana realizzata sempre nello stesso modo e da cui si sviluppa la variazione che porta alla figura completa. L'unico materiale che serve per la realizzazione di un origami è la carta, da quella per fotocopie, alla carta metallizzata, la carta velina, la carta di riso ecc… Oggi tutti i modelli cominciano da un foglio quadrato, i cui lati possono essere di colore differente, e continua senza fare tagli alla carta, ma l'origami tradizionale era molto meno rigido e faceva frequente uso di tagli, oltre a partire da basi non necessariamente quadrate.
L'arte di piegare la carta nasce in Cina nel I o II secolo d.C. e raggiunge il Giappone nel VI secolo che ne fece, col tempo, una vera e propria arte.
Le prime testimonianze dell’arte dell’origami, si hanno intorno all'epoca Muromachi (1392 – 1573) quando, guerrieri samurai si scambiavano doni adornati con noshi (emblemi portafortuna) fatti di carta.
L'ingresso ufficiale dell'origami nella cultura giapponese è però databile intorno al XI secolo, quando, durante i rituali religiosi nei Templi Shintoisti, apparvero i primi go-hei (strisce di carta bianca piegate a zig zag o in forme geometriche e, unite ad un filo o ad una bacchetta di legno), utilizzati per delimitare gli spazi sacri e comesimbolo della presenza delle divinità. Anche durante le cerimonie nuziali era usanza, e lo è tutt'oggi, attaccare delle farfalle di carta alle coppe di sakè con le quali gli sposi brindano alla felicità della loro unione. La carta, nata in Cina più di 2000 anni fa e perfezionata dai giapponesi tramite l’uso del riso che la rendeva più morbida e resistente, era da sempre considerata un materiale nobile e la sua introduzione nella sfera religiosa ne consolidò il fascino e il rispetto.
Oggi, uno degli origami tradizionali giapponesi più noti, è sicuramente la figura della gru, simbolo di immortalità. Ad essa sono legati molti miti e leggende, tra cui quella secondo la quale chiunque pieghi mille gru vedrà i propri desideri esauditi. Realizzare per sé o regalare mille gru, è diventata quindi una pratica molto diffusa.



Anche in tal caso Munablom non si è fatta fuggire l'idea e l'occasione di sperimentare l'Origami nelle sue creazioni unendo quest'arte giapponese all'uso di tessuti etnici per abbigliamento e accessori.









Nessun commento:

Posta un commento