mercoledì 15 luglio 2015

RASTAFARIANS

"Emancipate yourselves
from mental slavery,
no one but ourselves
can free our minds"
("Redemption song" - Bob Marley & The Wailers)



Dalla Giamaica degli anni '70 inizia a divulgarsi una nuova subcultura, quella dei Rasta, che ebbe natali ben più antichi, ma che grazie al successo planetario di Bob Marley e delle sue canzoni, riesce a spopolare e ad avvicinare chiunque e da qualsiasi parte del mondo.
Il culto Rastafari, e così il termine rasta, rappresenta una filosofia di vita ed una religione nata in Giamaica nel 1929, dal pensiero del filosofo Marcus Garvey che profetizzava il ritorno in Africa e la fondazione di una nazione nera nel continente madre e la lotta per il miglioramento ed il progresso della razza afro; difatti accade che l'anno successivo, dopo che l'esercito etiope riuscì a sconfiggere i colonizzatori italiani, viene eletto imperatore Hailé Selassié, nel quale i giamaicani riconoscono il Dio vivente, annunciato da Garvey, essendo egli diretto discendente della tribù di Giuda che affonda le radici nell'incontro tra il re Salomone e la Regina di Saba. Il termine rastafarianesimo, infatti deriva dall'unione delle parole Ras, titolo aristocratico etiope, e Tafari, nome di battesimo di Hailé Selassié.
Per i rasta abitudini alimentari, comportamentali e di abbigliamento hanno tutte un significato ben profondo; per quanto riguarda l'abbigliamento, sono soliti indossare principalmente abiti confezionati con tessuti naturali, dai tagli larghi e preferibilmente dei colori della bandiera etiope, rosso oro e verde, mischiati con quelli della bandiera giamaicana, giallo nero e verde; non indossano vestiti di seconda mano ed in testa portano o berrette di lana fatte a tricot per contenere i pesanti dreadlock, oppure, le donne, portano i tipici copricapi africani come richiamo alla loro patria spirituale. Durante gli anni '70 vennero adottate anche divise militari, in segno di solidarietà con i rivoluzionari cubani impegnati a combattere in Angola.
I loro capelli, chiamati dreadlok (ciocche terribili), vengono lasciati crescere liberamente e sono considerati una sorta di acconciatura rituale e un 'canale' per comunicare meglio con la divinità, spinta da un'interpretazione letterale delle Sacre Scritture: "Nessun rasoio tocchi la testa di un fedele" (Levitico 21,5); tagliarli per loro è segno di vanità e un interporsi scorretto con ciò che la natura decide, per cui ecco che si formano naturali ciocche attorcigliate ed intrecciate dal peso tale da dover essere sorrette tramite ampi berretti, rigorosamente dai colori rasta e realizzati a mano.
Sono vegetariani e fanno largo uso di cannabis, che chiamano ganja, considerata pianta sacramentale, medicina per l'anima utile per entrare in contatto con Dio.
La musica originale rasta, suonata durante le cerimonie sacre, era la Nyabinghi, ma dagli anni '70 al movimento Rastafari è associata la musica reggae che giocò un ruolo fondamentale nella diffusione di tale cultura.


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